Myanmar, la giunta militare imbavaglia Facebook fino al 7 febbraio

Dopo il golpe, la giunta militare che ha preso il potere in Myanmar ordina alle telecom la chiusura temporanea di Facebook e altri social per i prossimi tre giorni.

Myanmar chiuso Facebook Aung San Suu Kyi
Aung San Suu Kyi, leader del fronte democratico birmano e Nobel per la Pace (photo by Claude TRUONG-NGOC, licensed under CC BY-SA 3.0)

La giunta militare attualmente al governo in Myanmar imbavaglia Facebook e altri social network. I militari protagonisti del colpo di stato dello scorso 1 febbraio accusano le piattaforme social di contribuire all’instabilità sociale nel paese. La tensione è salita alle stelle dopo la deposizione dei rappresentanti del Parlamento democraticamente eletti lo scorso novembre 2020, e soprattutto dopo l’arresto del Consigliere di Stato e leader del fronte democratico Aung San Suu Kyi, nonché del presidente designato Win Myint.

Il Tatmadaw, questo il nome dell’esercito birmano, ha ordinato alle principali società di telecomunicazioni che servono il paese di bloccare Facebook dalla mezzanotte del 3 febbraio fino alla mezzanotte del 7 febbraio. Si teme ovviamente che il provvedimento temporaneo diventi permanente, o almeno che sia allungato per un periodo indefinito, mettendo ulteriormente a repentaglio il clima politico e sociale del paese.

Myanmar, il Tadmadaw blocca Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger

Myanmar Facebook bloccato Statistiche Netblock
Lo status dei social sulla rete di MPT e Telenor (image from twitter.com/netblocks)

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Intorno alle 9.00 di questa mattina, ora italiana, alcuni membri del subreddit r/myanmar/ hanno confermato il blackout dei social. Le statistiche di Netblocks.org, linkate nel post, confermano il blocco di Facebook, Instagram, Messenger e Whatsapp da parte di MPT, la telecom company di stato. Si è adeguata agli ordini del Tatmadaw anche Telenor, pur esprimendo “grande preoccupazione per il rispetto dei diritti umani”.

Facebook, tramite un portavoce, si appella ai militari chiedendo “l’immediato ripristino delle comunicazioni, in modo che i cittadini possano mettersi in contatto con i familiari e avere accesso a informazioni essenziali”. Il blocco dei social non arriva certo come un fulmine a ciel sereno, visto che la popolazione ha avuto difficoltà ad usare internet e telefoni cellulari da subito dopo il colpo di stato.

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Si tratta di un momento critico per il Myanmar, gettato nella confusione più totale dall’intervento dei militari nel processo democratico. Il generale Min Aung Hlaing, comandante in capo delle forze armate birmane, ha proclamato lo stato d’emergenza per un anno e fatto arrestare  un simbolo della rinascita democratica del paese come Aung San Suu Kyi, che nel 1991 fu insignita con il premio Nobel per la Pace. L’accusa che le viene fatta è di aver importato illegalmente dei walkie talkie. Ora, le accuse altrettanto pretestuose nei confronti di internet e dei social.

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