Apple, piove sul bagnato: class action nel Regno Unito per i costi delle app

Una nuova class action è stata proposta nel Regno Unito con l’obiettivo di sconfessare le commissioni del 30% imposte da Apple per l’acquisto delle applicazioni sull’App Store.

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Una nuova class action è stata proposta avverso Apple nel Regno Unito (AdobeStock)

Apple finisce nel mirino del Regno Unito con l’accusa di aver approntato comportamenti anticoncorrenziali. L’azienda americana, già al centro di una battaglia legale con Epic Games, è stata infatti chiamata a rispondere a seguito di una class action promossa dinanzi al Competition Appeal Tribunal di Londra. L’oggetto del contendere verte sulle commissioni imposte agli sviluppatori a fronte degli acquisti effettuati sull’App Store: tali incrementi – quantificabili nell’ordine del 30% del costo di ciascuna singola app o di un acquisto in-app – andrebbero infatti ad impattare a cascata la posizione economica dei consumatori finali, costretti perciò a subire un ricarico dei prezzi.

La questione prospettata dai querelanti è molto semplice: gli sviluppatori hanno l’impellente necessità di far pagare di più le loro app per recuperare le perdite provocate dalle somme trattenute da Apple. Laddove confermato, l’eventuale risarcimento a favore dei consumatori del Regno Unito ammonterebbe complessivamente a 1,7 miliardi di euro, coinvolgendo quasi 20 milioni di utenti inglesi che hanno effettuato acquisti sull’App Store nella forbice temporale compresa dall’ottobre del 2015 sino ad oggi.

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Apple respinge le accuse

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Apple dichiara priva di valore la class action intentata nel Regno Unito (AdobeStock)

Il giudizio preliminare si invererà tra un paio di mesi ma nel frattempo non sono tardati ad arrivare i primi commenti dal quartier generale di Cupertino, che ha immediatamente definito “priva di valore” la class action intentata nel Regno Unito. Nel corso di una dichiarazione rilasciata alla redazione di Bloomberg, Apple ha respinto le accuse al mittente, affermando che l’84% delle app presenti sull’App Store sono gratuite o non prevedono acquisti in-app; ne consegue, in buona sostanza, che il giro d’affari della società americana è meno appariscente di quel che potrebbe teoricamente apparire, coinvolgendo poco meno del 20% della totalità di applicazioni disponibili sulla piattaforma di Apple.

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A ciò si assomma un ulteriore dettaglio: Apple applica infatti delle riduzioni alle commissioni – segnatamente, il 15% anziché il 30% del costo dell’app – a favore di quegli abbonamenti che durano più di un anno (e perciò sono destinati a ripercuotersi nel tempo sugli utenti finali) o per quegli sviluppatori per così dire “minori”, ossia coloro i quali hanno un ritorno economico ammontante a meno di un milione di dollari dalla vendita delle proprie applicazioni.

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