Una tempesta solare potrebbe causare il collasso della rete Internet: in costruzione un modello predittivo

Gli effetti di una tempesta solare potrebbe causare il collasso della rete Internet: dopo il rischio corso a luglio, un team di ricercatori propone lo sviluppo di un modello predittivo per scongiurare le conseguenze più gravi di questa evenienza.

Tempesta solare
(Unsplash)

Durante le tempeste solari, il Sole produce delle particelle ad alta energia che hanno un impatto significativo sul campo magnetico terrestre, della durata da 24 fino a 36 ore dall’espulsione della massa coronale. A volte questi fenomeni causano eventi spettacolari, come l’aurora boreale del 1989 dovuta a una tempesta elettromagnetica i cui effetti furono visibili dal sud del Canada fino al sud degli Stati Uniti; in altre occasioni, invece, il vento solare può rilasciare radiazioni pericolose per gli esseri umani e per le nostre infrastrutture tecnologiche.

Già a luglio si parlava di un picco nelle tempeste solari, il cui vento fortunatamente non ha interessato la Terra che ha scampato il pericolo. Tuttavia, ciò non toglie il rischio che si corre con ogni nuova fase di attività intensa. Proprio per questo motivo, alcuni scienziati negli Stati Uniti e dei ricercatori dell’Università di Sydney hanno proposto la costruzione di un modello predittivo per valutare in anticipo il rischio di danni alla rete Internet.

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Uno studio propone un modello predittivo per salvaguardare le infrastrutture tecnologiche dalla tempesta solare

NASA
(Nasa)

Eruzioni o macchie solari, oppure delle espulsioni di massa coronale possono causare le tempeste solari: proprio per gli effetti di queste ultime sulle infrastrutture tecnologiche terrestri, il team di ricercatori ha condotto lo studio “La rotazione sopprime la convenzione solare su scala gigante“, per contribuire allo comprensione del clima solare e dei suoi effetti sulla Terra, per lo sviluppo di un metodo di previsione dell’attività solare utile sia per la NASA che che per tutte le altre agenzie spaziali nel mondo.

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Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Proceedings of the National Academy of Sciences“. Nei prossimi giorni si capirà se le ipotesi del team internazionale di ricercatori hanno qualche validità.

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