Identificato il gene della forma aggressiva di tumore al seno: lo studio

Trovato il gene della forma estremamente aggressiva di tumore al seno, uno studio australiano potrebbe cambiare per sempre la storia.

Seno
Cancro al seno, passi avanti per la ricerca (Pixabay)òg7ip

Purtroppo il corpo umano è incredibilmente più delicato e fragile di quello che pensiamo. Infatti questo enormemente complesso organismo, che abitiamo per un periodo più o meno lungo, è assolutamente soggetto a problemi e malfunzionamenti. Purtroppo, infatti, sono sempre di più i problemi che il nostro corpo dimostra di avere, soprattutto con il passare del tempo, con la conoscenza scientifica che aumenta, insieme all’inquinamento. E per questo la ricerca medica, da sempre, si focalizza sullo studio delle malattie e sulle cure per sconfiggerle. Ed è proprio un gruppo di ricercatori che da anni studiano e sperimentano che sembra aver fatto un’importante scoperta per quanto riguarda il cancro al seno. Gli studiosi australiani in questione hanno esaminato la forma più aggressiva di questa malattia, scoprendo dei nuovi e interessantissimi dettagli.

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Progressi enormi per il cancro al seno, la nuova ricerca

Dottore
Dottore (Pixabay)

I ricercatori dell’Harry Perkin Institute of Medical Research di Perth, hanno esaminato tutte le interazioni che sussistono nel nostro organismo per la manifestazione di un tumore. E nel farlo, gli scienziati hanno scoperto “che questo tipo di tumore aggressivo ha copie extra di un particolare oncogene chiamato AAMDC”. Una particolarità molto importante che accomuna le neoplasie al seno estremamente aggressive, secondo la ricerca australiana. Infatti questo tipo di oncogene può essere bloccato, se trattato nel modo giusto e nei tempi giusti, permettendo quindi di combattere, dall’interno e senza danneggiare il nostro corpo.

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Parliamo di qualcosa di ancora estremamente concettuale, con molte cose ancora da studiare e da considerare, ma senza dubbio potrebbe essere l’inizio di una importante rivoluzione nel campo della medicina. Non si può che sperare che anche altri ricercatori possano aiutare e che soprattutto si investa pesantemente in questa opportunità, che potrebbe salvare la vita a migliaia di donne in futuro.

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