iCloud, l’ultimo bug è insolito: utente bloccato per il suo cognome

Un insolito bug di iCloud impedisce alla scrittrice americana Rachel True di poter accedere da settembre al proprio account. Il problema? Il cognome della donna, scambiato dalla piattaforma di Apple come un flag booleano.

bug iCloud True
iCloud (AdobeStock)

La scrittrice statunitense Rachel True si rende suo malgrado protagonista di un clamoroso bug di iCloud. Da circa sei mesi, la donna lamenta infatti l’impossibilità di accedere al proprio account, complice un errore nella codifica del servizio di cloud computing sviluppato da Apple. Nel caso di specie, sembrerebbe che a far difetto sia il cognome “True”, interpretato da iCloud come un flag booleano (ossia una variabile che può assumere soltanto due stati, tipicamente rintracciabili in “vero” o “falso”) e non invece come mero campo di testo da inserire in corrispondenza delle generalità della persona.

Un recente tweet della scrittrice offre spunti ricostruttivi che permettono di sciogliere ogni dubbio. L’immagine a contorno del post evidenzia infatti la presenza di un messaggio di errore (segnatamente, “iCloud ha smesso di funzionare“), anche se ad essere decisivi sono soprattutto i dettagli in ordine al problema: dalla schermata si evince infatti l’impossibilità di impostare il valore “true” (ossia, “vero”, che nel caso di specie è la traduzione italiana del cognome della donna) sulla proprietà “lastName”.

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Si tratta di un errore nella scrittura del codice lato-server di iCloud

bug iCloud Apple
Logo Apple (AdobeStock)

Il bug di iCloud sarebbe dunque addebitabile ad un banale errore nella scrittura del codice lato-server. L’aggravante è tuttavia un’altra: la lentezza di Apple nel porre rimedio al problema, forse perché non effettivamente compreso dal team di supporto del gigante di Cupertino. La scrittrice – che nel frattempo continua a pagare iCloud per non perdere i propri dati personali – sostiene di aver trascorso ore a parlare con il servizio clienti di Apple senza tuttavia ottenere risposte fruttuose.

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Il problema si rincorre da ormai da settembre ed è probabile che possa finalmente trovare soluzione, complice anche la diffusione della notizia e le consequenziali reazioni goliardiche degli utenti sul social network Twitter.

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