Disdetta? Si cambia: fino a quando il numero telefonico resta nostro

Una volta ci si pensava due volte prima di cambiare compagnia telefonica. Al netto dei problemi, stanchezza, altrui promozioni, di dover cambiare numero telefonico e dover mandare un sms a tutti i contatti in rubrica, era un freno. Così la disdetta veniva quanto meno procrastinata, perché un secondo dopo il nostro numero telefonico poteva essere assegnato a qualcun altro. Ora non è più così.

Smartphone, fino a quando manteniamo il nostro numero di cellulare dopo la disdetta (Adobe Stock)
Smartphone, fino a quando manteniamo il nostro numero di cellulare dopo la disdetta (Adobe Stock)

L’Unione europea viene in soccorso degli utenti, soprattutto agli “aficionados” del proprio numero, che lo difendono da anni dalle novità e la prima cosa che chiedono in uno store di smartphone è: “scusate, posso tenere il mio numero telefonico, vero?”

Disdetta, come funziona in caso di disdetta. Quel pericoloso triangolo

Disdetta, come tenersi il proprio numero telefonico (Adobe Stock)
Disdetta, come tenersi il proprio numero telefonico (Adobe Stock)

Grazie alle nuove normative dell’UE, Il numero telefonico, mobile ma anche fisso, resterà del legittimo proprietario per un altro mese dalla la disdetta del contratto. Per un mese, dunque, l’operatore telefonico non potrà attribuire quel numero ad altre famiglie o imprese. Non solo.

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Anche ripensandoci, per un mese avremo diritto ad avere indietro il numero. In altre parole l’utente ha la libertà di decidere se riattivare quella stessa utenza sia presso il vecchio operatore sia presso un diverso operatore che magari si considera più conveniente.

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Il diritto di conservare il numero per un mese è scritto nel nuovo Codice europeo delle Comunicazioni elettroniche. Il Codice – che l’Italia sta recependo nel suo ordinamento – aggiorna tutte le regole e i diritti per i cittadini e le imprese, nei settori dei media, della televisione e della telefonia.

Se qualcuno, dunque, dirà il contrario, basta leggergli uno stralcio dell’articolo 106, comma 3: “Qualora un utente finale risolva un contratto, gli Stati membri provvedono affinché possa mantenere il diritto di trasferire un numero verso un altro fornitore per almeno un mese dalla data della risoluzione, a meno che non rinunci a tale diritto”.

Il Codice è ancora in via di recepimento nel nostro Paese. Ma l’AgCom, l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con sede principale a Napoli e la secondaria operativa a Roma, ha giocato d’anticipo per rendere operativo questo diritto del mese di proroga già nel 2019.

Ma qualcosa non ha funzionato, a causa di un pericoloso triangolo: gli operatori hanno dei numeri telefonici che ci assegnano quando firmiamo un contratto. I competitor ricevono questi stessi numeri nel caso il cliente decida di passare con loro e vuole portarsi dietro lo stesso numero, con il meccanismo della portabilità. In realtà il numero telefonico non appartiene né all’operatore con cui si attiva una nuova linea, né all’operatore che lo riceve, ma di un terzo soggetto: l’impresa che lo ha ricevuto per prima dallo Stato, ossia dal Ministero dello Sviluppo.

Per questo motivo quando si disdice il contratto, l’operatore è obbligato a girare il numero al suo proprietario originario per girarlo al nuovo. Ora l’AgCom vuole rompere questa triangolazione. E l’UE, in tal senso, gli dà una bella mano.

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