Ecco quali app per bambini raccolgono il maggior numero di dati e perché

Anche le app dedicate ai più piccoli collezionano dati. E non pochi. Ecco quali sono le “peggiori” e come proteggere i propri bambini

Al giorno d’oggi, i bambini entrano in contatto con la tecnologia sin dai primi tempi. Tra giochi, app per lo streaming, YouTube e tanto altro, l’accesso ad internet avviene ad un età sempre minore. Lo sanno bene i genitori, ma soprattutto le varie aziende che si occupano di sviluppo e manutenzione dei software.

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Anche le app per bambini raccolgono centinaia di migliaia di dati sensibili ogni giorno (Unsplash)

Le opzioni per garantire un maggiore controllo esistono già, ma potrebbero non bastare. Stando ad un recente studio del Pet Research Center, all’età di otto anni l’81% dei bambini in America utilizza già un tablet. Dati sicuramente preoccupanti, che fanno capire come sia importante agire in maniera concreta per difenderli.

Bambini online, le app che raccolgono più dati

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Queste sono solo alcune delle informazioni più preziosi che finiscono in mano alle reti pubblicitarie. Ma per quale motivo avviene tutto ciò? (Unsplash)

Uno studio dell’International Computer Science Institute ha deciso di esaminare migliaia di app gratuite per bambini sul Play Store di Google. I risultati hanno rivelato che all’incirca un quinto delle applicazioni totali raccoglie informazioni di identificazione personale, sfruttando kit di sviluppo software di terze parti.

E si parla di informazioni molto sensibili e personali. Ricerca e cronologia di navigazione, posizione, contatti, contenuto dell’utente, dati di utilizzo, diagnostica, acquisti, identificatori e tanto altro. Molti dei sviluppatori intervistati hanno ignorato il fatto che i bambini utilizzassero le loro app, ovviamente facendo finta. Ma per quale motivo anche i dati dei più piccoli possono rappresentare un elemento prezioso?

Per le pubblicità. I giochi possono infatti analizzare le abitudini dei bambini e utilizzare queste informazioni per fornire pubblicità mirate è un’arma spesso vincente. Stesso discorso per le app di condivisione video, che sono in grado di raccogliere la cronologia delle ricerche e delle visualizzazioni per fornire annunci e video consigliati. Stesso discorso per i giochi educativi, anch’essi “colpevoli” di raccogliere centinaia di migliaia di dati ogni giorno per poi rivenderli a reti pubblicitarie e di advertising.

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