Infratel mette on line i dati di Internet veloce, l'Italia è lontana dagli obiettivi del Governo

Dai dati sull'Internet veloce che la società Infratel mette a disposizione degli utenti viene evidenziato che l’Italia è al passo con l’Europa solo nella fascia dai 2 ai 20 Mb di velocità di connessione.

La società Infratel, del Ministero dello Sviluppo economico, mette a disposizione degli utenti i dati sull’Internet veloce, creando una piattaforma che permette di monitorare i lavori per estendere la banda larga a tutta l’Italia e l’utilizzo dei fondi pubblici.

Infratel è una società italiana che opera nel settore delle telecomunicazioni ed attiva nella progettazione, costruzione e manutenzione di reti di telecomunicazioni in fibra ottica per l’accesso ad Internet tramite connessione a banda larga ed ultra larga.

Infratel Italia nasce il 23 dicembre 2003 con il compito di realizzare reti di telecomunicazioni nelle regioni del Mezzogiorno; successivamente tale rete verrà affittata ai vari operatori di telecomunicazione che forniranno la connessione ai cittadini della zona cablata. In seguito la sua missione si è estesa alla copertura di aree in digital divide in tutto il territorio nazionale.

Leggendo le informazioni relative alla situazione generale che sono presenti sul sito di Infratel  si può notare che l’Italia è al passo con l’Europa solo nella fascia dai 2 ai 20 Mb di velocità di connessione, mentre per quanto concerne i 30 Mb, può usufruirne solo il 22, 3 % degli italiani, contro il 64% degli abitanti degli altri Paesi europei; invece riguardo ai 100 Mb si passa al 2,4% dell’Italia contro il 6% del resto d’Europa. Questi dati sono ben diversi rispetto agli obiettivi che sono stati fissati dal Piano nazionale del governo, il quale ha previsto che entro il 2020 il 100% dei cittadini dovrebbe poter navigare a 30 Mb e l’85% a 100 Mb, se ci saranno investimenti anche da parte dei privati.

Secondo Infratel “la velocità di connessione delle reti italiane è fra le più basse d’Europa a causa di condizioni orografiche spesso ostative, di una bassa domanda di servizi di connettività e di ridotti investimenti privati. La mano pubblica è quindi fondamentale per anticipare un mercato evitando così la creazione di divari digitali”.

Infatti, sebbene nella fascia dai 2 ai 20 Mb di velocità di connessione l’Italia è al passo con l’Europa con il 96,9% della popolazione contro il 97% della media europea, in pratica, solo la Lombardia ha quasi raggiunto il 100%, mentre in Veneto manca il 4,3, in Molise il 13,4 e in Basilicata l’8,9%. Inoltre nel sito della società si certifica che sono stati conclusi 109 accordi con le varie Regioni italiane per il completamento del 53% delle infrastrutture, ma in Friuli Venezia Giulia i lavori previsti dall’ accordo non sono ancora iniziati, mentre invece in Basilicata siamo all’85%, in Calabria al 50% ed in Puglia al 29%.

Questa differenza nello sviluppo dei lavori dipende anche dalla concessione dei permessi e dai diversi tempi di risposta dell’ente pubblico. Anche qui troviamo una media nazionale di 136 giorni che diventano però 187 in Basilicata, 154 in Veneto e Sicilia, tranne nel Comune di Floresta in cui si arriva a ben 337 giorni di attesa. Il Lazio con il 38% è la Regione più avanzata per lo sviluppo della banda ultralarga, mentre la Valle d’Aosta ed il Molise sono ancora allo 0%.

Roberto Masiero, analista e responsabile della società di ricerca “The innovation group” riferisce che “il problema non sono le infrastrutture, anche perché per i servizi pubblici essenziali non servono grandi velocità di connessione. Il peso politico della lobby Ict in Italia è sempre stato pari a zero. La forza delle aziende dell’Information technology, divise in tante parrocchie, non è paragonabile a quelle del mattone o delle altre infrastrutture. Gli unici che hanno un po’ di forza sono gli operatori di Tlc che premono, ma il vero problema, più che la posa della fibra, è capire quanta parte dei processi analogici diventano digitali. Non le infrastrutture, ma lo switch-off della Pubblica amministrazione che da analogica deve diventare digitale”. Secondo Masiero, quindi, il dibattito sulle infrastrutture interessa solo i costruttori.

Secondo l’analista, il  governo non dedica energie all’agenda digitale “che continua ad avere una governance barocca con competenze sovrapposte”. Inoltre Masiero dice “basta con i funzionari pubblici” e che ci sarebbe bisogno di “uno Zar digitale che governi la politica verso le nuove tecnologie”. 

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