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TikTok bloccato in Italia dopo il tragico evento: le conseguenze

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A. Roberto Finocchiaro

Il Garante per la privacy ha bloccato l’utilizzo in Italia di TikTok dopo la tragica morte di una bambina di 10 anni: le conseguenze del provvedimento.

(AdobeStock)

Il Garante per la privacy ha disposto una misura d’urgenza destinata ad impattare – seppure in una minima parte – sull’utilizzo in Italia di TikTok. La popolare piattaforma social è infatti costretta ad interrompere l’erogazione dei propri servizi fino al prossimo 15 febbraio, almeno con specifico riguardo a quella fetta di utenti di cui è ancora ignota l’età anagrafica. Un provvedimento necessitato dalla tragica morte di una bambina di 10 anni e che, a conti fatti, anticipa gli scenari al vaglio delle due inchieste della Procura di Palermo.

Il motivo sul quale poggia il blocco di TikTok in Italia è l’età anagrafica: secondo quanto previsto dalla nostra legge, un minore di 14 anni non può iscriversi da solo sui social network, a meno di un consenso esplicito dei genitori. La popolare app – fondata in Cina nel 2016 e che in Italia vanta circa 8 milioni di iscritti – è pertanto accusata di adeguarsi soltanto formalmente ad una tale normativa nazionale: secondo l’accusa, sarebbero infatti assai blandi i limiti d’età imposti da TikTok all’atto della procedura di iscrizione alla piattaforma digitale. In buona sostanza, basterà dichiarare fittiziamente di avere più di 14 anni per portare a compimento l’attivazione del proprio account, senza alcun riscontro sulla veridicità dei dati inseriti dall’utente. Di concerto con il blocco temporaneo, il social network cinese potrebbe altresì rischiare una multa fino al 4% dell’intero fatturato.

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TikTok funzionerĂ  normalmente per gli utenti che hanno piĂą di 14 anni

(AdobeStock)

Si tratta, in effetti, di una questione già contestata a TikTok e che due anni fa è costata alla piattaforma circa 5,7 milioni di dollari di multa negli Stati Uniti. Il problema della tutela dei minori, vale comunque la pena aggiungere, rappresenta una argomentazione assai generalizzata: spostando infatti l’attenzione sulla restante schiera di social network, appare agevole evidenziare la sostanziale assenza di qualsivoglia meccanismo di controllo dei dati – segnatamente l’età anagrafica – inseriti dall’utente all’atto della procedura di iscrizione al servizio.

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A conti fatti, la misura disposta dal Garante della privacy è destinata a non trovare sbocchi significativi, almeno per la maggior parte degli utenti italiani: nel caso in cui si sia inserita una età anagrafica superiore ai 13 anni, l’app continuerà a funzionare senza problemi. Una ulteriore riprova, se vogliamo, dell’accusa avanzata dall’autorità nazionale: servirebbe un maggior controllo sulla veridicità dei dati inseriti, così da garantire un utilizzo consapevole dei servizi digitali.

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A. Roberto Finocchiaro

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