I social hanno trasformato letteralmente il modo di comunicare, lo hanno fatto sicuramente abbattendo le distanze e le barriere ma anche dando voce a chiunque e in qualunque momento.
Questo, se da un lato si è trasformato in una grande opportunità, dall’altra è stato anche il nodo chiave del confine tra libertà e lesione personale. In particolare quando si parla di giudizi, commenti, espressioni che vanno a sottolineare alcune cose in particolare.
Fare ironia e commentare è lecito, è parte della libertà di ognuno, tuttavia ci sono anche dei paletti, dei confini inviolabili che vanno rispettati anche sui social pena finire direttamente in tribunale anche per quello che può essere un commento fatto attraverso i social.
La situazione non è più solo offendere l’altra persona ma ledere la sua reputazione individuale quindi, per certi tipi di commenti, si rischia di andare in tribunale. Nello specifico sono stati chiariti i limiti di quello che si può o non si può dire e come lo si può fare.
Collegarsi a Facebook e pensare di poter dire qualcosa sull’aspetto fisico di una persona, può trasformarsi molto presto in una condanna per diffamazione con tanto di obbligo di risarcire economicamente la parte lesa. Non è solo un’ingiuria che è stata depenalizzata, si tratta proprio di una lesione.
Fare una battuta sulla miopia di una persona, sul suo strabismo o su un altro problema di salute, non è più possibile né tollerato. La Cassazione così è intervenuta su alcuni commenti che erano stati passati dalla Corte d’Appello a ingiurie. In particolare è stato preso in oggetto un post in cui l’autore faceva riferimento ad un deficit visivo dell’altro, parlandone in termini offensivi ma velati dietro un commento divertente, all’apparenza.
La questione, dapprima minimizzata, è stata poi riportata alla luce perché un deficit visivo è una patologia, non è un argomento divertente su cui puntare.
Cosa distingue quindi l’ingiuria dalla diffamazione? Nel momento in cui l’offesa, anche sotto forma di commento, viene fatta alla persona che può replicare subito, si parla di ingiuria, laddove questo non è possibile, magari volutamente, allora si sta ledendo un diritto dell’altro e si cade nella diffamazione.
Nel caso del social la persona in questione non poteva rispondere subito, lo avrebbe potuto fare in un secondo momento e proprio questo ha permesso di determinare la gravità del fatto accaduto. Questo non è il primo caso di questo tipo per questo motivo bisogna prestare molta attenzione a quello che si dice, anche quando si pensa di fare una battuta.
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