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Non solo cellulari

Scrivere su carta è meglio che su tablet: ecco perché

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A. Roberto Finocchiaro

Uno studio conferma che scrivere su carta offre benefici ancora impareggiabili, permettendo di essere più veloci e di ricordare meglio i dati.

L’esperienza nello scrivere su carta è ancora impareggiabile (PixaBay)

Benché la digitalizzazione abbia inevitabilmente segnato e rivoluzionato la vita di tutti i giorni, esiste ancora una netta linea di demarcazione tra la scrittura su carta e quella effettuata tramite dispositivi mobili. Lo conferma un recente studio realizzato dall’Università di Tokyo e pubblicato nei giorni scorsi sul sito web della rivista specializzata “Frontiers in Behavioral Neuroscience“. Alla base della ricerca vi sono soprattutto gli effetti ingenerati dallo scrivere su carta fisica, che a detta dei ricercatori svilupperebbe una maggiore attività celebrale rispetto ad un’analoga operazione compiuta invece in chiave digitale. “La carta è più avanzata rispetto ai documenti elettronici, in quanto contiene un più vasto quantitativo di informazioni che permettono un più forte richiamo della memoria“, ha affermato il professor Kuniyoshi L. Sakai, neuroscienziato presso l’Università di Tokyo.

Per dirla con parole più semplici, la carta riesce a far ricordare meglio ciò che si è scritto e tale pregio prescinderebbe dall’uso di una penna: anche laddove si utilizzasse una stylus (spesso e volentieri accompagnata, sia pure sotto forma di accessorio, ai tablet in commercio), la capacità di memorizzazione dei dati risulterebbe minore rispetto ad un più semplice documento cartaceo. La carta, insomma, possiede un potere celebrale ancora impareggiabile, malgrado la diffusione di tecnologie sempre più sofisticate e avanzate volte a migliorare l’esperienza di scrittura su un dispositivo mobile (touchscreen o penna).

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Prendere appunti su carta è più veloce e fa ricordare meglio

La digitalizzazione non scalfisce i benefici dello scrivere “alla vecchia maniera” (PixaBay)

Lo studio ha messo alla prova diversi studenti universitari giapponesi e neolaureati scelti minuziosamente secondo alcuni canoni comuni: età compresa tra i 18 e il 29 anni, sesso e parametri di rilievo, quali capacità di memoria e preferenza personale per metodi digitali od analogici. I partecipanti hanno quindi letto una conversazione immaginaria avente ad oggetto la stesura di un piano di attività programmato per due mesi (una sorta di agenda delle attività da compiere nell’arco temporale appena richiamato), opportunamente mescolata ad elementi più complessi, quali 14 diversi orari di lezione, date di scadenza dei compiti e appuntamenti personali.

Il test consisteva nel registrare il programma, attingendo per l’occasione sia ad una tradizionale agenda cartacea e una penna, sia una stylus abbinata ad una tavoletta digitale che un’app di calendario. Mentre completavano il test, i volontari si trovavano all’interno di uno scanner per la risonanza magnetica (MRI), il quale ha il compito di misurare il flusso sanguigno intorno al cervello. In buona sostanza, l’aumento del flusso sanguigno osservato in una regione specifica del cervello è un tipico segno di una maggiore attività neuronale registrata lungo quell’area.

I risultati sono pressoché evidenti: i partecipanti dotati di un’agenda cartacea hanno compilato il calendario in circa 11 minuti, mentre quelli digitali hanno avuto bisogno di un po’ più di tempo (rispettivamente 14 minuti per quelli con stylus e 16 minuti con touchscreen). Quelli che hanno utilizzato la carta hanno inoltre manifestato più attività cerebrale in aree particolarmente significative, quali il linguaggio, la visualizzazione immaginaria e l’ippocampo, ossia quella legata a memoria e orientamento.

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A margine del test vi è un’altra considerazione: l’efficienza dello scrivere su carta, maggiore rispetto all’analoga operazione compiuta tramite smartphone e tablet. “I quaderni di carta contengono informazioni spaziali più complesse della carta digitale. La carta fisica è permanente, ha tratti e forme irregolari, come angoli piegati, mentre quella digitale è uniforme, non ha una posizione fissa e scompare nel momento in cui si chiude l’app“, hanno affermato i ricercatori.

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A. Roberto Finocchiaro

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