L’estate è la stagione dei viaggi, delle giornate infinite all’aperto, delle notti in cui il telefono diventa compagno inseparabile per foto, messaggi, mappe e musica.
Un gesto apparentemente innocuo, che facciamo con leggerezza pur di non restare “isolati”, ma che può nascondere insidie molto più serie di quanto sembri. Perché non tutti i punti di ricarica sono sicuri, e in alcuni casi possono trasformarsi in vere e proprie trappole digitali.
È qui che entra in gioco il fenomeno noto come juice jacking.
Il termine unisce due concetti: juice (energia, succo) e jack (presa). Indica una pratica criminale in cui una porta USB apparentemente dedicata alla ricarica viene manomessa per infettare il dispositivo collegato o per copiare dati personali senza consenso. Attraverso un semplice cavo, i malintenzionati possono tentare di installare malware, accedere a foto, contatti, credenziali o addirittura localizzare gli spostamenti della vittima.
Negli ultimi mesi il tema è tornato attuale: diversi enti di sicurezza, compresa la TSA americana, hanno lanciato nuove allerte. A destare preoccupazione è anche l’evoluzione delle tecniche, come il cosiddetto ChoiceJacking, capace di simulare conferme e autorizzazioni che l’utente in realtà non ha mai concesso.
Alcuni esperti ricordano che i sistemi operativi più recenti hanno introdotto blocchi di sicurezza importanti. iOS non permette più la connessione automatica come disco esterno, mentre Android richiede sempre l’autorizzazione manuale per il trasferimento dati. Per questo motivo, negli ultimi anni non sono emersi casi documentati su larga scala.
Tuttavia, gli scenari di rischio non sono da sottovalutare: chi viaggia spesso, utilizza telefoni obsoleti o non aggiornati, rimane più esposto. Inoltre, le stazioni pubbliche possono essere compromesse senza segnali evidenti per l’utente.
Proprio le vacanze diventano il terreno ideale per truffatori e hacker. Gli smartphone sono più utilizzati, spesso collegati a reti Wi-Fi pubbliche e ricaricati in luoghi affollati come aeroporti, hotel, villaggi turistici. In queste situazioni si abbassa la soglia di attenzione: prevale l’urgenza di avere batteria per scattare foto, postare sui social o chiamare un taxi. Ed è qui che il rischio aumenta.
Porta sempre con te il tuo caricatore da muro e utilizza prese elettriche tradizionali.
Usa un power bank personale: economico, pratico e sicuro.
Data blocker (USB condom): piccoli adattatori che permettono solo la ricarica, bloccando il trasferimento dati.
Aggiorna il sistema operativo: le patch di sicurezza sono la prima difesa contro i tentativi di intrusione.
Spegni il telefono prima di collegarlo, se non hai alternative a una USB pubblica.
Non lasciare mai il dispositivo incustodito, nemmeno per pochi minuti.
Oltre alle porte USB, un’altra minaccia estiva riguarda le connessioni Wi-Fi pubbliche: comode, gratuite, ma potenzialmente rischiose. Evita di usarle per operazioni sensibili come home banking o acquisti online e disattiva Bluetooth e NFC quando non servono.
Nel concreto, il juice jacking non è una leggenda metropolitana, ma una possibilità concreta che sfrutta la nostra dipendenza da batteria e connessione. Anche se i grandi casi restano rari, la prudenza è d’obbligo, soprattutto quando si è in viaggio.
Quest’estate, insieme a costumi e occhiali da sole, porta con te un power bank e qualche accortezza digitale: il modo migliore per non rovinare i ricordi di vacanza con spiacevoli sorprese tecnologiche.
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