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Ricaricare lo smartphone con la fotosintesi? Sarà possibile con le batterie ad alga

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Pasquale Conte

Un progetto a dir poco rivoluzionario quello sviluppato dall’università di Cambridge. Con la batteria ad alga, si potrà ricaricare lo smartphone tramite fotosintesi

Tra le componenti più importanti quando bisogna scegliere un nuovo smartphone, c’è sicuramente la batteria. Le grandi aziende stanno continuando a lavorare per fornire celle sempre più capienti e con ricarica rapida, per un percorso destinato a durare ancora a lungo. Ma ci sono in ballo anche soluzioni alternative e a tratti rivoluzionarie.

L’università di Cambridge ha sviluppato una nuova batteria che produce energia elettrica tramite fotosintesi (Screenshot)

Proprio a tal proposito, l’università di Cambridge ha sviluppato una speciale cella che funziona ad alghe, per dare energia ad un microprocessore Arm. La sua peculiarità sta però nella ricarica, che non avviene tramite energia elettrica: si fa tutto con la fotosintesi clorofilliana. Una soluzione ecosostenibile e che potrebbe rappresentare il futuro anche degli smartphone.

Ricarica tramite fotosintesi, l’ultimo progetto dell’università di Cambridge

Ecco tutti i dettagli in merito al funzionamento di un progetto che potrebbe rappresentare l futuro della ricarica, anche per gli smartphone (Screenshot)

Avreste mai pensato di poter ricaricare la batteria del vostro smartphone in natura? Al momento si tratta ancora di utopia, ma ci sono alcuni interessanti progetti in ballo. Come quello appena annunciato dall’università di Cambridge, che sfrutta una tecnologia ad alghe. “Si chiama synechocystis e oggi è classificato come un cianobatterio, ma fino a 20-30 anni fa era chiamata alga blu-verde, data la sua pigmentazione: biologicamente è simile a una pianta” ha spiegato Paolo Bombelli, uno dei ricercatori del team: “Ne abbiamo sfruttato le proprietà di fotosintesi per creare un piccolo sistema elettrochimico che, alimentato con la luce, produce corrente elettrica“.

Per effettuare i test, la Arm Research di Cambridge ha sviluppato un chip con tanto di scheda correlata. È stata poi impostata una interfaccia cloud per la raccolta dati degli esperimenti, che hanno dato tutti esito positivo. La corrente prodotta varia durante la giornata, con il picco raggiunto di giorno. Anche nelle ore notturne, comunque, viene assicurata una soglia minima di energia. Chissà che in futuro un semplice progetto come questo non possa rappresentare la realtà sulla quale puntare.

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Pasquale Conte

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