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Nuovi guai per Google: Big G accusata di favoritismo nelle commissioni Play Store

Published by
A. Roberto Finocchiaro

Una nuova causa antitrust intentata negli Stati Uniti prende di mira Google, accusata di favoritismo ai big nelle commissioni sul Play Store. 

Nuove grane giudiziarie per Big G (AdobeStock)

Non c’è pace per Google, costretta ad esser nel limbo di alcuni procedimenti giudiziali per presunte pratiche monopolistiche e anti-concorrenziali. Dopo le pesanti accuse provenienti da Epic Games in una battaglia legale senza colpo ferire, Big G deve adesso fare i conti con una potenziale class action al vaglio negli Stati Uniti al fine di abbattere l’ormai famosa commissione del 30% applicata da Big G per ospitare le app degli sviluppatori sul Play Store.

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Google e gli accordi agevolatori con Netflix

Google avrebbe concesso a Netflix un trattamento di favore, decurtando le commissioni sul Play Store al fine di mitigare il malcontento del gigante dello streaming ondemand (AdobeStock)

Come anticipato dall’autorevole The Verge, ci sarebbero alcune tesi giudiziarie pronte a dimostrare l’arbitrarietà e l’incongruenza di tale quantum. Viene scritto, in particolare, che a Google basterebbe il tetto del 6% per raggiungere il pareggio per le entrate derivanti dagli acquisti in-app. Detto in altri termini, se può ritenersi senza dubbio legittima l’applicazione di una commissione del 6%, non lo sarebbe invece per le cifre eccedenti a tale quota, determinanti quindi un mero profitto nelle tasche del colosso americano.

Ma perché Google avrebbe scelto proprio il 30% e non una cifra più bassa? Dalle carte si evince che l’unico obiettivo di Big G era di adeguarsi e copiare Apple, le cui commissioni gravitano per l’appunto secondo tale quantum. A sostegno dell’accusa c’è però un altro dettaglio ancor più pesante: pare infatti che Google avrebbe stretto un accordo con Neflix per garantire a quest’ultima un trattamento agevolato sulle commissioni per gli abbonamenti in-app. Una sorta di contentino per mitigare il malcontento di una delle app più di spicco sui dispositivi mobili, la quale aveva cercato strade alternative – sulla falsariga di Tinder e Spotify – per aggirare le commissioni del 30%.

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Interpellato da The Verge, il colosso di Mountain View ha tenuto a ribadire che tutti gli sviluppatori sono soggetti alle medesime politiche, ivi incluse quelle sui pagamenti; Google precisa inoltre di aver effettuato investimenti volti a supportare gli sviluppatori mediante l’attivazione di speciali programmi.

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A. Roberto Finocchiaro

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