Un pensiero condiviso. Il 95% di un campione fornito dall’ultima ricerca di Kaspersky, nota azienda russa con sede a Mosca fondata nel 1997 da Evgenij Kasperskij e specializzata nella produzione di software progettati per la sicurezza, reputa la privacy dei dati importante, anche se poi soltanto il 52% dichiara di di avere pieno controllo sui propri dati personali. Tant’è. L’Italia è un paese fermamente convinto di questa teoria.
La data heatmap in questione si basa sulle interviste condotte da Kasperky su un campione di 8.000 persone di 9 diversi Paesi europei e analizza quanto gli utenti hanno a cuore la privacy dei propri dati in tempo di convivenza con la pandemia da Coronavirus.
L’80% degli italiani sostiene che la condivisione dei dati sanitari, di geolocalizzazione e di contatto, pur di ritornare a frequentare bar e ristoranti, partecipare a grandi eventi e viaggiare all’estero, sarebbe una metodologia da applicare per uscire dall’emergenza sanitaria. Siamo sopra la media, visto che sempre grazie a Kaspersky, sette persone su 10 in Europa darebbero il via libera alla condivisione dei dati sanitari.
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L’età sposta gli equilibri statistici. I più giovani, per esempio, si dimostrano senza dubbio i più inclini alla condivisione di dati sanitari in cambio della libertà, senza farci troppi crucci rispetto alla privacy: l’87% dei Millennials (i nati tra il 1981 e il 1996) dice sì, il 77% della Generazione X (quelli nati fra il 1965 e il 1980) dice sì, il 75% della Generazione Z (o Centennials, nati fra il 1995 e il 2010) dice sì. E il motivo è presto spiegato, sono delle generazioni le cui abitudini quotidiane sono state maggiormente colpite dalla pandemia da Covid-19.
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Dietro la metodologia, comunque, c’è quell’insaziabile fame di tornare alla vita normale, anti Covid-19, dove viaggiare era anche una passione, dove uscire la quotidianità, messa a dura prova durante questo anno e mezzo. Tant’è. Stando all’indagine di Kasperky, la possibilità di tornare a viaggiare all’estero è il motivo che spingerebbe il 36% degli italiani a condividere i propri dati sanitari, seguito, guarda caso, dalla possibilità di tornare nei bar o nei ristoranti (23%) e di partecipare a grandi eventi (24%). Non un “bene primario” la classica passeggiata ai centri commerciali, ritenuta indispensabile soltanto dal 22% degli intervistati.
Siamo molto sopra la media europea, comunque. Anche in questo caso. Secondo l’indagine di Kaspersky, il 45% fornirebbe dati sanitari e di geolocalizzazione per aiutare il proprio paese a superare la crisi da COVID-19. 6 su 10, invece, non sarebbero contenti se il loro datore di lavoro installasse un software di monitoraggio delle attività sui loro computer aziendali per continuare a lavorare da remoto. Tant’è.
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