È stato licenziato per aver utilizzato ChatGPT, polemiche in un’università statunitense dopo la rivolta di alcuni studenti.
L’introduzione di ChatGPT ha fatto discutere sin dai suoi esordi, tra pro e contrari alla nuova tecnologia. Da alcuni ancora oggi viene vista come una pericolosa arma in grado di spazzare via tanti lavori creativi, da altri, invece, è vista come un valido aiuto nelle mansioni quotidiane. Le proteste hanno raggiunto e infiammato un Ateneo statunitense, dopo la rivolta di alcuni studenti nei confronti del loro professore.
È accaduto al Norteastern College di Boston, dove una studentessa, una volta scoperto che il professore era solito preparare le lezioni sfruttando l’Intelligenza Artificiale, in particolare ChatGPT per la preparazione del programma annuale e di testi da fornire agli alunni, ha inoltrato un reclamo alla presidenza, chiedendo il risarcimento delle tasse universitarie.
È giusto pagare per studiare su lezioni preparare dall’Intelligenza Artificiale? Una domanda che sorge spontanea e che in questi giorni sta sollevano forti dubbi, negli Stati Uniti come nel resto del mondo. Siamo giunti a un punto di svolta, con la tecnologia ormai talmente avanzata da poter svolgere le stesse mansioni e operazioni umane.
Tuttavia, la AI può sostituire completamente l’ingegno, la preparazione e la creatività dell’essere umano? Gli studenti dell’università americana sono insorti dopo aver scoperto che il loro professore preparava le lezioni sfruttando ChatGPT. A questo punto, che senso ha studiare su elaborati riassunti da un chatbot? Al Northeastern College di Boston si è scatenato il caos, con numerosi ragazzi che hanno sposato la causa delle studentessa.
ChatGPT dell’azienda OpenAI finita sotto accusa, e a pagarne le spese è stato il professore, il quale è stato licenziato in tronco per aver ingannato tutti sul suo programma. Eh sì, perché a scoprire l’inghippo sono stati propri gli studenti, insospettiti dai testi forniti dal docente troppo freddi e generici. È bastato un semplice controllo sul web per scoprire che si tratta di contenuti presi dal web e forniti da ChatGPT.
A riportare la notizia è stato il New York Times. Se alcuni professori si dichiarano favorevoli all’uso della AI come supporto e integrazione per le lezioni, dall’altra parte appare molto scorretto far studiare gli alunni su testi generati dall’Intelligenza Artificiale. In questo modo si va a perdere proprio l’elemento basilare dello studio universitario, ossia il contatto tra alunno e professore.
La standardizzazione dei contenuti lede il principio dell’apprendimento e danneggia l’esperienza universitaria. A questo punto, molti Atenei si pongono il problema su come affrontare e regolamentare l’utilizzo della IA nella didattica. Così come gli studenti, anche i docenti devono stabilire delle regole e usare in modo consapevole i nuovi strumenti tecnologici, in modo tale da non essere sostituiti. Ne va anche della loro sopravvivenza.
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