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Non solo cellulari

I poteri “fenomenali” di iCloud per aiutare le forze dell’ordine

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A. Roberto Finocchiaro

Apple offre negli Stati Uniti l’accesso a tutta una serie di dati di iCloud alle forze dell’ordine in presenza di un apposito mandato di quest’ultime

Per chi segue quotidianamente il mondo della tecnologia, capita spesso di leggere (soprattutto in relazione a notizie che provengono dagli Stati Uniti) che Apple ha ceduto alcuni dati di iCloud alle forze dell’ordine in presenza di un apposito mandato di quest’ultima. Un passaggio abbastanza normale nelle dinamiche di un rapporto di apertura e di collaborazione tra le società tecnologiche e le forze dell’ordine, necessario appunto per permettere alle seconde di rintracciare sospetti criminali e assicurare la giustizia. Ma quanti dati vengono ceduti?

iCloud ricco di informazioni per le forze dell’ordine USA (AdobeStock)

La risposta arriva da un dirigente di PenLink, un’azienda attiva nel Nebraska che sta intascando qualcosa come 20 milioni all’anno per aiutare il governo degli Stati Uniti a localizzare possibili sospettati. Questa società ha un business molto articolato e tra questo figura pure la vendita di servizi alle forze dell’ordine locali. Ma cosa c’entra in tutto questo con il discorso fatto in apertura? Come riportato da AppleInsider, dalle registrazioni effettuate in tutto riserbo da Jack Poulson di Tech Inquiry durante la conferenza invernale interna della National Sheriff’s Association, sono emersi dettagli interessanti sull’argomento. E questi dettagli provengono appunto da uno dei veterani di PenLink, Scott Tuma.

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Il portale “a tempo” di Facebook

Anche Facebook, Google e Snapchat sono propositive dinanzi ad appositi mandati delle forze dell’ordine degli USA (Unsplash)

Nella location, Scott Tuma ha descritto come la sua azienda lavora a contatto con le forze dell’ordine per tracciare gli utenti attraverso più servizi, e tra questi figura il “fenomenale” iCloud di Apple. Questo perché il gigante di Cupertino è sempre pronta ad aiutare le forze dell’ordine in presenza di un apposito mandato e, quando possibile, cedere le informazioni dai backup di iCloud archiviati sui suoi server. Laconiche sono le parole di Tuma proferite durante l’evento: “Se hai fatto qualcosa di brutto, scommetto che potrei trovarlo su quel backup“.

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Il dirigente ha inoltre spiegato di essere riuscito a trovare le posizioni esatte delle persone sospettate attraverso l’utilizzo servizi diversi, non necessariamente legati ad iCloud, sebbene la piattaforma di Apple si sia dimostrata ricca di spunti e di informazioni utili nelle indagine. E qui ci sono anche riferimenti ai servizi di Google, Facebook e Snapchat. Secondo quanto riferito, il social network a tinte blu fornisce un portale attraverso il quale i funzionari delle forze dell’ordine possono accedere e scaricare i file. Ma c’è un dettaglio interessante: se l’investigatore ufficiale non effettua nuovamente il login ogni ora, questo viene bloccato.

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A. Roberto Finocchiaro

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