Uno sviluppatore tedesco chiama in causa Apple e Google dopo il rifiuto della pubblicazione di un gioco sul Covid.
Apple e Google sono nuovamente accusate di concorrenza sleale nella pubblicazione di contenuti a tema coronavirus. I due giganti del mobile sono infatti stati citati in queste ore da uno sviluppatore tedesco, il quale ha denunciato il blocco della sua app – un gioco sul Covid – all’interno dell’Apple Store e del Google Play. Secondo le prime ricostruzioni, ambedue le aziende si sarebbero rifiutate di pubblicare il software sui rispettivi store ufficiali, in quanto non appartenente al novero dei contenuti etichettati come autorizzati (ossia quelli disposti dai governi e dalle autorità sanitarie).
La motivazione di Apple – che sta invero già affrontando una causa simile – fa leva sulla “garanzia della credibilità delle informazioni attinenti ad argomenti di primo rilievo, come la salute e la sicurezza“. Da ormai un anno a questa parte, il colosso di Cupertino ha rivendicato un ruolo sostanziale nella scelta delle applicazioni dedicate a tematiche di un certo impatto (quale e per l’appunto il coronavirus), potendo consequenzialmente decidere se accettare o rifiutare la pubblicazione dei software sul proprio store. In una nota diramata lo scorso marzo, Apple aveva inoltre fatto sapere che non avrebbe consentito la diffusione di alcuna app dedicata al Covid, a meno che quest’ultima non sia stata sviluppata direttamente dai governi e dalle autorità sanitarie, potendo perciò etichettarsi come “ufficiale”.
Di analogo avviso è Google: interpellato nelle scorse settimane da Reuters, il colosso di Mountain View ha inteso prendere le distanze dallo sviluppatore, affermando che approverà soltanto applicazioni sul coronavirus autorizzate.
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Dal suo canto, lo sviluppatore tedesco – peraltro anche blogger su questioni legali – ribadisce la non congruità dei comportamenti tenuti da Apple e Google, evidentemente contrari alla legislazione antimonopolistica. Secondo l’autore del gioco sul Covid, “il perseguimento della credibilità delle informazioni sulla salute e sulla sicurezza non giustifica un sostanziale azzeramento delle regole generali in materia di antitrust“.
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Non è chiaro, a questo punto, se la Commissione europea darà seguito al ricorso dello sviluppatore, anche perché la questione pare essersi ridimensionata negli ultimi giorni dopo che lo sviluppatore ha modificato il nome dell’app incriminata – adesso “Viral Days” – ed ottenendo addirittura l’approvazione sul Play Store e sull’Apple Store. A questo punto è lecito domandarsi circa le reali intenzioni dell’autore del software: che il ricorso all’UE non sia invece un modo per ottenere pubblicità gratuita in rete?
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