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Direttiva Dac7, così i colossi del web coopereranno con il fisco

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A. Roberto Finocchiaro

Il mese prossimo potrebbe essere decisivo per capire il futuro del progetto “Dac7”, con il quale si vuole contrastare la lotta all’evasione fiscale determinata a seguito delle vendite online.

(PixaBay)

Le transazioni online effettuate grazie all’ausilio delle più quotate piattaforme digitali (Facebook, Airbnb, Amazon, eBay, Instagram e simili) potrebbero finire nelle mire del fisco. E’ quanto previsto dal progetto “Dac7”, l’acronimo della Direttiva sulla cooperazione amministrativa al vaglio del Parlamento Europeo già dallo scorso luglio. L’obiettivo è pressoché evidente: contrastare l’evasione di IVA, dazi e imposte sul reddito determinate dalla vendita di beni e servizi online, sfruttando per converso le infinite potenzialità di accesso offerte dal web.

Nel caso in cui venisse approvata, la Dac7 imporrà ai gestori delle piattaforme online di inviare all’Agenzia delle Entrate i principali dati degli utenti che sono soliti utilizzare i rispettivi canali digitali al fine di effettuare attività di commercio online: i gestori avranno perciò l’obbligo di adeguarsi a partire dal primo gennaio del 2023, esponendosi a conseguenze di un certo rilievo – ad esempio, la sospensione di accesso al mercato – in caso di mancato rispetto delle indicazioni.

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Le attività rilevanti

(PixaBay)

Ma quali sono le attività prese in considerazione? Emerge, in questo senso, un concetto cardine di “rilevanza”, il quale farà così da spartiacque per la raccolta del gettito fiscale sui servizi online. Le attività di riferimento saranno ricomprese generalmente nella locazione di immobili, la vendita di beni, la fornitura di servizi, le attività di noleggio e quelle di crowdfunding. Esistono pur tuttavia soglie massime che definiscono la rilevanza di una determinata attività: nel caso di specie, saranno esclusi i venditori il cui giro di affari online si attesta a meno di trenta attività, con l’ulteriore aggiunta di un guadagno accreditato non superiore ai 2.000 euro nell’anno di riferimento.

La piattaforma digitale dovrà perciò comunicare all’Agenzia delle Entrate i principali estremi di riferimento dell’utente che utilizza il servizio per vendere beni o servizi: nome e cognome o la denominazione sociale (nel caso di persona giuridica), il codice fiscale o partita IVA e tutti i dati inerenti ai corrispettivi maturati nell’anno preso in esame. L’inoltro dei siffatti dati – perfettamente coerente con la normativa comunitaria sulla privacy – permetterà a ciascuno Stato di applicare il gettito fiscale sui redditi percepiti dai venditori dal commercio delle attività rilevanti.

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Il progetto Dac7 entrerà nel vivo il mese prossimo: il Parlamento europeo si pronuncerà tra qualche settimana, passaggio propedeutico in vista della necessaria approvazione.

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A. Roberto Finocchiaro

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