OpenAI vorrebbe che tutti abbandonassimo i browser che conosciamo per abbracciare Atlas Mode di ChatGPT. Ma c’è da fidarsi?
Siamo entrati in un’epoca nuova portata dall’Intelligenza Artificiale che molte società cercano di infilare in qualunque cosa possa avere uno schermo e anche in quelle cose che lo schermo non ce l’hanno. Si tratta di una tecnologia che, probabilmente se ben strutturata e ben organizzata, può portare dei benefici.
Ma si tratta anche potenzialmente di un problema che dovremo affrontare a livello planetario. Ora che OpenAI ha deciso di lanciare la propria guerra anche ai browser così come li conosciamo, promettendo ChatGPT con l’Atlas Mode, è bene cominciare a parlare di quelli che possono essere i rischi del consegnare anche i browser a questi strumenti. Come con certe piante e certi animali, quello che sembra affascinarci in realtà potrebbe ucciderci.
Che la società che ci ha dato ChatGPT avesse messo nel mirino tutto Internet e tutte le società che intorno a Internet hanno costruito la propria fortuna è il risultato evidente da subito. E che il loro nemico numero uno fosse effettivamente Google, che detiene una fetta considerevole dello spazio di Internet grazie al suo browser e al suo motore di ricerca, è diventato palese nel momento in cui è stato annunciato l’Atlas Mode, la nuova modalità di ChatGPT che in pratica trasforma anche una semplice ricerca in rete in un’esperienza da fare con la mediazione di un’Intelligenza Artificiale. Come se non fossimo più neanche in grado di sapere quello che vogliamo cercare.
Ma non è solo un problema di mancanza di autonomia degli esseri umani rispetto a Internet. Se pensi che le Intelligenze Artificiali possano essere un valido strumento, e in questo ti invitiamo a riflettere sul fatto se il tuo lavoro di tutti i giorni potrebbe essere o meno sostituito da un’IA, è bene riflettere sul fatto che più strati di tecnologia si frappongono tra chi cerca e l’informazione, più è facile che questi strati di tecnologia vengano distolti.
L’Atlas Mode di ChatGPT è appena arrivato e già emergono diverse criticità. Alcuni studi hanno dimostrato che le Intelligenze Artificiali possono essere degradate qualitativamente anche con pochi input costruiti appositamente per farle impazzire.
Ma emergono ora altre analisi che dicono che inserendo un agente di Intelligenza Artificiale nella ricerca, questi elementi diventano l’oggetto degli attacchi da parte di hacker e, per quanto li si voglia pensare intelligenti, non sono altro che software e come tali possono essere hackerati. E intanto Meta esclude ChatGPT.
Non passerebbe molto, quindi, prima di cominciare a vedere tutta una nuova sequela di nuove truffe fatte proprio convincendo gli agenti di Intelligenza Artificiale a mostrare agli utenti determinati contenuti. Abbiamo già abbastanza problemi nel difenderci dalle truffe senza che ci siano questi strumenti di mezzo.
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