E’ indubbio che nell’era tech, dove gli smartphone la fanno da padrone e le applicazioni rappresentano un plus per la vita di qualsiasi persona sulla faccia della terra, il focus su quei programmi creati per essere installato su dispositivi, in grado di interagire con i componenti del cellulare e l’utente che lo utilizza, si sempre vivo. La forza di un’applicazione è ormai di dominio pubblico. Ma anche il suo lato oscuro.
Già, il problema delle app è che condividono dati personali, attualmente una moneta di scambio (soprattutto nel dark web) che vale più dei soldi, criptovalute comprese.
Le aziende interessate ai dati personali degli utenti sono tantissime, se non fosse perché i dati possono ingenti introiti, come ad esempio accade dalla profilazione delle nostre abitudini e interessi, visto che un’applicazione su due (55,2%) condivide i dati di un utente con terze parti, come rivela un’analisi di Incogni, un’azienda che si occupa della rimozione dei dati personali dai data brokers.
I giganti della tecnologia raccolgono la maggior parte dei dati ma affermano di condividerne di meno. Le app gratuite condividono, in media, 7 volte più punti dati rispetto alle app a pagamento. Le app popolari con oltre 500.000 download condividono, in media, 6,15 volte più punti dati rispetto alle app meno popolari. La categoria peggiore in termini di condivisione dei dati è “shopping”, in cui le app condividono una media di 5,72 punti dati. Le app di social media raccolgono la maggior parte dei dati, con una media di 19,18 punti dati raccolti. Il 13,4% delle app condivide la tua posizione con terze parti.
Dall’indagine Incogni è interessante notare che le app Meta come Facebook, Facebook Lite, Messenger Lite, Messenger e Instagram raccolgono la maggior parte delle informazioni su un utente dichiarando di condividere molto poco. Per loro stessa ammissione, condividono solo 4 punti dati ma in realtà raccolgono 36 punti dati su 37: insomma quasi tutto quello che c’è da sapere su un utente.
A sorpresa, le app di social media non sono nemmeno nelle prime 5 categorie che condividono la maggior parte dei dati. Tuttavia, quando si tratta di raccogliere dati, sono i peggiori trasgressori, con una media di 19,18 punti dati raccolti. I social sono seguiti molto da vicino dalle imprese, che raccolgono anche in media 18 punti dati.
Questa indagine fa il paio con un altro studio condotto dall’Università di Oxford, secondo cui le app condividono i tuoi dati in media con 10 aziende. Se il 55%,2 delle app nel Play Store condivide i tuoi dati con terze parti, il restante 44,8% che non condivide i tuoi dati, più di due terzi (69,77%) sono app a pagamento.
A pagamento o meno, le applicazioni del Google Play Store hanno una forza eccezionale, ma attenzione quando le scarichiamo, pensiamo anche al suo lato oscuro, altrettanto potentissimo.
Se le onde assumono una forma “quadrata” è meglio se esci dall’acqua: stai rischiando grosso,…
Per tutti quelli che apprezzano l'abbonamento al Game Pass di Xbox ci sono probabilmente brutte…
Su WhatsApp, è possibile proteggere le chat inserendo una password. Nel mondo digitale, la protezione…
Per tutti i possessori di un device Android c'è in agguato una minaccia che, potenzialmente,…
Molti pensionati hanno diritto a più di un anno di pensione arretrata: ecco come funziona…
SPID in pericolo, presto potrebbe non solo diventare a pagamento, ma essere addirittura sostituto dalla…