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Android Auto vs Apple Carplay: cosa sono e le principali differenze

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A. Roberto Finocchiaro

Un breve excursus su Android Auto vs Apple Carplay, due delle migliori piattaforme di infotainment progettate per le automobili

I progetti di Google e Apple traslati nel settore dell’infotainment (AdobeStock)

La sfida tra Google e Apple prosegue anche sulle automobili. Dopo gli smartphone e gli indossabili, i due giganti della tecnologia si stanno dando battaglia anche nel particolare settore dell’infotainment, avendo sviluppato da ormai qualche anno delle specifiche piattaforme destinate a rendere “smart” i nostri veicoli a quattro ruote: si tratta, rispettivamente, di Android Auto e Apple Carplay, ormai adottati su tante autovetture di nuova generazione.

Volendo entrar subito nel cuore del discorso, ci troviamo di fronte a due sistemi operativi (l’uno progettato per funzionare con i soli dispositivi Android, l’altro per adattarsi perfettamente con gli iPhone) che permettono di collegare lo smartphone all’automobile e gestire una serie di operazioni destinate ad arricchire la nostra permanenza all’interno del veicolo, come la musica, l’infotainment, le chiamate e i messaggi. Ambedue le piattaforme hanno già diversi anni di sviluppo alle spalle e svariate migliorie apportate dagli sviluppatori al fine di rendere l’esperienza alla guida quanto più sicura e intuitiva possibile.

Android Auto e Apple Carplay renderanno insomma l’automobile un vero e proprio centro multimediale, tenendo conto delle imprescindibili esigenze di sicurezza durante la guida. Il loro funzionamento prevede l’utilizzo della connettività mobile del dispositivo a cui sono collegati, accorgimento quest’ultimo che permetterà ad entrambi i sistemi di essere sempre connessi a Internet e offrire all’utente la visione in tempo reale delle informazioni sul viaggio, come ad esempio le notizie dettagliate sul traffico.

Come abbiamo affermato sopra, l’esperienza d’uso offerta da ambedue le piattaforme è pensata per garantire la massima sicurezza durante la guida, grazie anche alle potenzialità dei comandi vocali: sarà quindi possibile effettuare chiamate, inviare messaggi, scegliere la musica e impostare la destinazione senza alcuna interazione con lo schermo. A ciò si aggiunge un’interfaccia molto diversa da quella che siamo soliti utilizzare su smartphone e tablet, stante l’impiego di tasti e icone grandi “conditi” da una semplificazione delle impostazioni, anche all’interno delle singole app. E poi c’è anche un discorso di compatibilità e coerenza: effettuata la procedura di collegamento dello smartphone all’automobile, sul display del veicolo verranno mostrati solamente i programmi ritenuti compatibili con Android Auto e Apple Carplay, e non invece l’intera lista di app (grande o piccola che sia) che ritroviamo sul nostro smartphone personale.

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Android Auto vs Apple Carplay: le differenze

Le differenze tra Android Auto e Apple Carplay (AdobeStock)

Malgrado gli evidenti punti di contatto, le piattaforme infotainment di Google e Apple hanno qualche elemento di distinguo. Una delle storiche differenze tra Android Auto e Apple Carplay concerne l’impossibilità di sfruttare il primo in modalità wireless: a differenza della controparte griffata Apple, il sistema progettato da Big G funziona necessariamente con un cavo USB collegato al veicolo. Inoltre, vi è una certa “macchinosità” nel procedimento di prima configurazione: mentre su iPhone il collegamento avviene in automatico, con riguardo agli smartphone Android sarà dapprima necessario scaricare e installare l’omonima app Android Auto, che farà da vero e proprio “ponte” tra il device mobile e l’autovettura.

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Sulle applicazioni vale peraltro un secondo distinguo tra le due piattaforme. Mentre Android Auto ammette una certa personalizzazione, su Apple CarPlay assistiamo invece ad un vero e proprio linguaggio standard applicato a seconda della categoria di appartenenza. E qui si ripropone, sia pure con evidenti distinguo, quella differenza tra Android e iOS, più aperto il primo e un po’ più chiuso, organico e coerente il secondo.

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A. Roberto Finocchiaro

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