Queste persone possono dire addio alla pensione di reversibilità dopo la vittoria dell’Inps in Cassazione: chi non avrà più l’assegno mensile.
Tra i vari assegni pensionistici troviamo anche quello di reversibilità, decisamente tra i più noti. Questo contributo, come sappiamo, viene elargito ai familiari del lavoratore o del pensionato che ha perso la vita ma che aveva diritto ad una pensione; l’assegno è stabilito in base ad una percentuale e solitamente spetta al coniuge del defunto, ma ci sono casi in cui può andare anche ai figli, genitori e fratelli.

La domanda per la pensione di reversibilità, come si legge sul sito dell’Inps, può essere effettuata direttamente online sul sito del servizio dedicato; in alternativa, chi volesse può rivolgersi a patronati e intermediari dell’istituto o chiamando il contact center al numero 803 164 (rete fissa) o 06 164 164 (rete mobile).
In tanti, ad oggi, percepiscono l’assegno per la pensione di reversibilità, ma le cose potrebbero presto cambiare a seguito della recente causa vinta dall’Inps in Cassazione: chi deve prepararsi a rinunciare all’assegno mensile? I dettagli sulla situazione.
Novità sulla pensione di reversibilità da una nuova sentenza della Cassazione: in questi casi, l’assegno potrebbe mancare
Come riportato anche da Money, in questo settembre 2025 la Cassazione si è espressa in merito alla richiesta di pensione di reversibilità per un decesso avvenuto nel 1990; la domanda è stata presentata dalla figlia nel 2009 e l’Inps l’ha respinta. Ad oggi, dopo il giudizio in primo grado e l’appello, la Corte di Cassazione ha confermato la correttezza della richiesta dell’Inps, oltre a riconoscere l’avvenuta prescrizione della richiesta.

La prescrizione, per la pensione di reversibilità, è di 10 anni: la domanda va quindi presentata entro i dieci anni dalla morte del pensionato o del lavoratore. In questo caso specifico, l’Inps ha rifiutato istanze successive senza indicare il giorno di partenza della prescrizione, che di fatto hanno portato l’Istituto a sentenze sfavorevoli.
Stando a quanto precisato dalla Cassazione, però, è il giudice che deve valutare d’ufficio la decorrenza della prescrizione, in base a quanto presentato negli atti e nei fatti dalle parti in causa. Questa sentenza della Cassazione ricorda a tutti i cittadini che devono stare molto più attenti alla presentazione della domanda e dei documenti prodotti; resta comunque lo stesso termine di prescrizione, ovvero 10 interrotto dalla domanda amministrativa, dall’avvio del giudizio e dagli altri atti notificati.